Dopo la pubblicazione del mio libro, da molti giudicato scandaloso e indecente, offensivo di costumi, usi e tradizioni che, a quanto pare, mio padre aveva fatto di tutto per difendere, vi racconto un altro po' di me, se già non l'ho fatto diffusamente.
Io sono nata e cresciuta portandomi dentro l'amore per la montagna, così come mi è stato trasmesso dal mio genitore collese. Più volte gli ho chiesto perché non avesse mai voluto insegnarmi il ladino. Mi ha sempre risposto che, dal suo punto di vista, non era necessario. Vi garantisco che ho subito la decisione paterna come una grave mutilazione. Speravo vi fosse giunto forte e chiaro il messaggio che il mio amore per i monti è e resta immutato. Putroppo, come di recente ho confessato a mio cugino Vittorio, le montagne sono abitate. Io mi sono dovuta inserire a fatica sopportando a malincuore comportamenti che, in condizioni simili, sarebbero biasimati da chiunque. A stento ho avuto dei parenti nella mia infanzia. I miei nonni, in totale, li ho visti 11 mesi nell'arco di un'intera esistenza. Ho avuto zii che volientieri mi impedivano di vedere i miei cugini. Ho avuto amici che tranquillamente si beffavano di me alla prima occasione. Credo di essere stata fin troppo brava. A non rispondere, a far finta di nulla, ad accettare la gentile concessione di sosta nel paese perché mio padre era il luminare della lingua ladina. Gli amici che ho, me li sono conquistati con le unghie e con i denti. Mi fido di loro, ciecamente. Non mi importa di aver deluso i benpensanti che giudicano orrendo il mio comportamento. Io frequento che mi garantisce la solidarietà e il rispetto. Così come ho trovato un mondo con i miei quattro gatti, di cui riesco a intuire il linguaggio molto più serenamente di quello umano, auspico che qualcuno si faccia l'esame di coscienza e si chieda, in tutta sincerità, quali ponti siano stati costruiti affinché vi potessi passare.
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